Women. New Portraits

Tutto è cominciato nel 1999 quando Annie Liebovitz pubblicò Women, uno dei suoi lavori più famosi a cui aveva dedicato anni di vera dedizione.  Essendo stato definito da Susan Sontag sua compagna e curatrice del progetto un work in progress,  c’era da aspettarsi che la famosa fotografa americana non si facesse scappare l’occasione per tener fede al suo intento. Infatti, grazie al sostegno di USB Group AG, tutto è ripreso e ora viene presentato in una mostra dal titolo “Women. New Portraits” in un tour internazionale che prevede dieci appuntamenti in altrettante città. Per Milano è la stessa fotografa – notoriamente precisa fino alla pignoleria anche sui particolari delle sue iniziative – ad aver scelto come sede espositiva Fabbrica Orovia (via Orovia 15 aperta tutti i giorni 10-18 venerdì 10-20 fino al 2 ottobre), un spettacolare ex stabilimento per la produzione di lampadine posto nelle vicinanze della Fondazione Prada che, svuotato e ristrutturato lasciando muri, tetti e travi a vista consente di creare un’atmosfera davvero unica. Anche la mostra gioca contro la tradizione: non aspettatevi fotografie in passepartout e cornici esposte in ordine preciso come era stato nel 1993 quando nella sua precedente personale da Carla Sozzani aveva presentato le sue opere dal 1970 al 1990 incantando i visitatori. Qui, al contrario, per incantarli ha fatto costruire tre grandi composizioni ognuna creata accostando  quattro schermi su cui scorrono immagini così grandi e attraenti da sembrare apparizioni che si librano nel vuoto. Su due si alternano fotografie di modelle in un sotterraneo dialogo con l’immagine fissa della regina Elisabetta ripresa nei suoi appartamenti ma senza corona visto che la Leibovitz ha preferito puntare sul suo tono regale. Su un grande pannello sono, invece, esposte (attaccate con puntine che le attraversano agli angoli e faranno inorridire i puristi e vabbè) i ritratti di donne che si sono affermate nel modo grazie alle loro doti. Il risultato è una sorta di brogliaccio, un libro “esploso” da impaginare che è anche il segno di un percorso le cui tappe sono costitute da opere ormai famosissime (Yoko Ono abbracciata a John Lennon e nessuno sapeva che sarebbe stata la sua ultima fotografia prima di essere ucciso, Meryl Streep che gioca ad allargarsi il volto, Cindy Sherman in una sequenza in bianconero) e da una lunga serie di nuove, splendide opere. Si va da Serena Williams alla direttrice di Vogue America Anna Wintur, dall’atleta transgener Caitlyn Jenner alla danzatrice Misty Copeland dotata di una ieratica eleganza, dalle fotografe Sally Mann e Shirin Neshat alle tante attiviste come la scrittrice femminista Gloria Steinem, l’avvocato per i diritti delle donne Andrea Medina Rosas, la portavoce per il diritto delle bambine del suo Pakistan di andare a scuola. Insomma, si può visitare questa mostra per ammirare le fotografie di Annie Liebovitz ma anche per apprezzarne le doti di intellettuale engaged, una categoria che evidentemente non è scomparsa.

Roberto Mutti