CA’ BRÜTTA, LA BELLA

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E’ ancora lì, fra via Turati e via della Moscova, in quella zona centrale di Milano dove nel 1921 era apparsa e aveva suscitato un dibattito acceso fra i tanti che la ritenevano un obbrobrio e i pochi che sostenevano l’idea di quel ventiseienne architetto un po’ visionario che l’aveva progettata. Lui, Giovanni Muzio, alla fine la spuntò e divenne nel tempo uno degli architetti più ricercati della città. Lei, anche oggi che dall’estero vengono ad ammirare i due corpi di fabbrica collegati da un arco e le decorazioni diverse per ogni piano, ha invece mantenuto con lo stile di una vecchia signora orgogliosa di sé il nome Ca’ brütta con cui era stata sdegnosamente battezzata. Ca' Brutta, Francesco Radino, 2015Ora una bella mostra curata da Giovanni Tomaso Muzio e Giovanna Calvenzi le rende omaggio sfruttando due spazi espositivi situati all’interno del Castello Sforzesco. Chi cerca la scientificità può aggirarsi fra le bacheche della Sala del Tesoro dove sono custoditi i disegni e i progetti originali dell’edificio provenienti dall’Archivio Muzio coordinati grazie al contributo critico di Fulvio Irace. Una bella sottosezione raccoglie anche le fotografie originali, tutte in bianconero e di piccolo formato, scattate da Ugo Mulas e da Gabriele Basilico che fanno comprendere la bellezza monumentale ma non altera di questa casa di abitazione. Siccome però un discorso solo storico avrebbe probabilmente appiattito il messaggio, i curatori hanno giustamente pensato ad aggiornare l’immagine del luogo affidandone il compito a un bel gruppo di autori contemporanei le cui opere rendono dinamiche le Sale Viscontee (finalmente riaperte al pubblico amante della fotografia) grazie a un allestimento efficacissimo nella sua semplicità. Ogni fotografo ha scelto una strada autonoma così si passa dalla ripresa classica in bianconero scelta da Marco Introini a quella volutamente “sporca” con cui Cristina Omenetto ha creato con la sua fotocamera Holga una composizione di nove immagini dal colore quasi spento, dal gioco alternato di riprese dall’esterno e dall’interno scelto da Marina Ballo Charmet all’idea di Settimio Benedusi di non riprendere la Casa ma il paesaggio urbano che si scorge da una sua finestra. Davvero ammirevole è la ripresa frontale notturna di Luca Campigotto resa più affascinante dalla presenza di un bel tram giallo di passaggio mentre Paolo Ventura interviene da par suo proponendo, è l’unica immagini non architettonica, due figure aggrovigliate per quello che definisce nel titolo il “Delitto alla Ca’ brütta”. C’è chi, come Pietro Privitera, si concentra sul particolare di un tondo colto da dodici angoli di visuale, chi come Giovanni Hanninen riprende anche le impalcature della recente ripulitura e chi invece degli esterni si concentra sulla bellezza degli interni. Lo fanno Cosmo Laera con le sei immagini che trasmettono “Il senso del possesso”, e tre autori che si concentrano sulle scale: Francesco Radino in una sola geometrica immagine, Alessandra Ferrazza con una composizione di dodici, Toni Thorimbert con la ripresa misteriosa e sensuale di una donna mascherata che volge lo sguardo verso l’alto. La mostra è aperta da martedì a domenica 9-17.30 fino al 10 luglio.

Roberto Mutti

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