In memoria di Aleksandr Rodčenko

Alexander-Rodchenko-Lilya-Brik

Aleksandr Rodčenko: già nel suo nome pieno di richiami onomatopeici sembra disegnarsi il destino di un personaggio che avrebbe lasciato una traccia indelebile nella storia della fotografia e non solo. Bisognava esserci nati in quegli anni di sogni e di speranze per essere attraversati da una voglia di cambiamenti che sapeva diventare febbre creativa perché la Rivoluzione d’Ottobre non è stata solo, nel 1917, l’abbattimento di un potere debole e come tale insieme grottesco e sanguinario ma anche l’apertura di uno spazio che si immaginava aperto a ogni innovazione anche in campo artistico e culturale. 3507226073_09e4ab2db3_zLe cose non sono andate in quel modo e se in campo politico si sono cercate spiegazioni nelle difficoltà della situazione internazionale e nell’accerchiamento subito dal nuovo stato, che dire della dimensione culturale che dopo i primi slanci è stato forzato nei confini della convenzionalità più vieta? La risposta non può certo darla una mostra fotografica, tuttavia la personale che il LAC Museo d’arte della Svizzera Italiana di Lugano, piazza Bernardino Luini 6, dedica fino all’8 maggio all’artista russo accompagnandola con un imponente perché completo catalogo Skira è un osservatorio privilegiato per comprendere come la ricerca autenticamente radicale rappresenta sempre per qualsiasi potere un elemento di disturbo da guardare con sospetto. Illustratore estroso, creativo capace di anticipare il design contemporaneo, esponente di spicco del Costruttivismo come del Futurismo, Aleksandr Rodčenko (1891-1956) è stato tutto questo come dimostrano le trecento opere qui esposte anche se la personale curata da Olga Sviblova, direttrice del Multimedia Art Museum (già House of Photography) di Mosca, che pure dà spazio a collage, stampe e bozzetti, privilegia le fotografie. Chi cerca le immagini più famose sarà accontentato: ecco i ritratti tutti del 1924 dell’amico Majakovskij con uno sguardo serissimo, della madre con gli occhiali in mano, di Lilja Brik che urla il suo entusiasmo adbusters_AlexanderRodchenko-e1451389413823e per questo diventa il manifesto di molte iniziative rivoluzionarie. Ecco la “Ragazza con la Leica” e “Gradini” che esaltano il dinamismo delle riprese in diagonale, ecco le architetture colte dal basso per accentuarne il simbolico slancio verso l’alto. Poi ci sono i soggetti meno visti come i teatrini di cartone, i collage creati per le copertine della rivista LEF, gli still life di oggetti, tutte opere molto belle anche perché in larga misura vintage prints d’epoca. Aggirarsi nei bellissimi spazi del Museo che si affacciano sul lago è un vero piacere e si apprezza l’allestimento pulito compresa la scelta del rosso per le pareti su cui le opere emergono con forza. C’è però un limite diciamo critico perché in alcuni casi le pur ampie didascalie dimenticano l’ostracismo di cui Rodčenko è stato vittima. La “Giovane pioniera” del 1930, per esempio, non è semplicemente un ritratto (nel catalogo Skira un’inaccettabile leggerezza la definisce “ripresa con una leika!”) ma l’occasione di un grande scontro perché l’autore fu accusato di idealismo visto che il soggetto guardava verso il cielo e questo fu l’inizio di una subdola persecuzione. Splendide le immagini di manifestazioni sportive e di circo – tutte riprese come a lui piaceva in modo non tradizionale – ma perché non ricordare che a questi temi il fotografo era stato indotto per evitare di trattare temi più politicamente scottanti? Detto questo la mostra merita il viaggio e chi lo fa si regalerà un paio d’ore di autentico piacere intellettuale.

Roberto Mutti

980632_1 Aleksandr-Rodchenko02 arts-graphics-2008_1183726a rodchenko-16 Rodchenko-19301 rodchenko